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Il paradosso Italiano: tecnologia per svago e poca per cose serie

In questo articolo vogliamo sforare dai soliti argomenti di notizie e guide che trattiamo abitualmente, per parlare più in generale della tecnologia, e di come l’italia stia continuando ad utilizzare tale con un uso quasi del tutto poco conscio. Nonostante i molti appelli fatti in questo senso, ed i recenti risvolti sulla banda larga, sembra che l’Italia non sia ancora del tutto consapevole delle reali potenzialità della tecnologia.

Essere tecnologici non significa solo vendere o produrre tecnologia, ma soprattutto usarla. Per questo motivo un’azienda può essere tecnologica pur producendo prosciutti, un imprenditore può essere hi-tech anche se si occupa di edilizia, ed allo stesso modo, un negozio di telefonini può essere gestito da persone che non sono proprio degli assi con la telefonia, e che al minimo problema Android o iOS ti mandano il telefono in assistenza tecnica.

Così ci troviamo nel paradosso di essere un Paese, che pur consumando molta tecnologia (siamo leader nell’acquisto e nell’uso di smartphone, uno dei Paesi con la più alta percentuale di utenti dei Social Network…) non siamo un Paese tecnologico. Non lo siamo non solo perché non siamo una nazione la cui immagine non è in genere molto hi-tech (pur avendo tante menti ed idee all’avanguardia) ma soprattutto perché rimaniamo un Paese insufficiente dal punto di vista tecnologico (basti pensare al digital divide).

La tecnologia manca dove serve, di chi è la colpa?

 

Tra le insufficienze purtroppo, sono mancanti tecnologicamente quasi tutti gli uffici pubblici, le scuole, gli ospedali, ed i cittadini italiani si trovano ancora a dover fare cose obsolete, come le file chilometriche per consegnare un pezzo di carta, o per ritirare i risultati di un esame, nonostante le continue campagne elettorali fatte proprio su queste vicende.

Colpa della mancanza di soldi, colpa della difficoltà ad adattarsi di alcuni lavoratori che non ne vogliono sapere di imparare ad usare la tecnologia, ma anche colpa dei governi che non prendono decisioni chiare sulle vicende burocratiche. Insomma, tutti ormai sanno usare Whatsapp e Facebook, ma quasi nessuno si preoccupa di domandarsi cosa sia e come funziona la PEC, e di come un uso più esteso migliorerebbe la nostra burocrazia.

Sembra quasi che la nostra società italiana sia tecnologica per passatempo e non per le cose serie.

Gli imprenditori e la tecnologia

Gli imprenditori italiani “tecnologici” sono anche loro pochi se si guarda l’utilizzo. Al netto di tutti i giovani start-uppers di successo e di buone prospettive,(che per la cronaca ci sono e sono molti) i grandi dell’imprenditoria Italiana usano poco le nuove tecnologie ed internet. I social network ed internet sono territorio di persone come Flavio Briatore, che imperversa su Twitter con le sue stoccate e le sue “cronache” della bella vita di un imprenditore, o nel caso del sito italiano di Francesco Corallo, da cui l’imprenditore esprime la propria opinione su molti temi, o ancora il blog e l’attività sui social di Francesco Zonin e pochi altri esempi

Cercando meglio non c’è molto altro, almeno che non si scende nelle classifiche per fatturato o per patrimonio personale, in modo tale da trovare piccoli imprenditori italiani che usano la tecnologia ogni giorno, sperando in meglio, e guardano al mondo con occhi diversi, cercando di trarre le cose migliori dalle ultime tendenze (vedo Google Mybusiness).

Come abbiamo già detto, gli Italiani sono un popolo “social” eppure i grandi imprenditori sono più timidi e riservati quando si tratta di aver a che fare con reti sociali, con conferenze TED, con l’adottare idee rivoluzionarie a problemi vecchi (ci sono mondi che vanno oltre la riduzione del personale e la delocalizzazione).

Le motivazioni di questa mancanza sicuramente possono essere tante, e non le possiamo sapere tutte, forse la poca voglia, una generazione troppo anziana, o altri motivi. Alcuni credono che lo facciano per dedizione al "lavoro duro e puro" senza fronzoli e chiacchiere, o forse perché non lo considerano un investimento di tempo utile.

Eppure basterebbe guardare cosa fanno su internet grandi imprenditori USA come Richard Branson, o quello che ha fatto l’Australiana Jane Lu, che con Facebook ed i selfie ha costruito un impero dell’e-commerce…ma quelli sono Nuovi Mondi…In Italia forse prima dobbiamo cercare di risolvere problemi più comuni di una società che vive sempre all’ombra dei nostri stessi stereotipi.

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