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Costo storico e Fair value

In contabilità, esistono due modi di valutare una parte del patrimonio di un’impresa: la valutazione al costo storico e la valutazione al fair value.  Mentre il primo è stato tradizionalmente usato nell’Italia dello scorso millennio, il secondo ha iniziato a essere utilizzato dopo le disposizioni dell’UE (recepite, approvate e integrate dalle conseguenti leggi italiane) al fine di armonizzare il modo in cui le imprese degli Stati membri redigono il bilancio.

Costo storico

Il costo storico è definito come un criterio di valutazione di una parte del patrimonio in base al costo di acquisizione, il quale può essere determinato dal costo di acquisto (a cui si sommano gli eventuali costi accessori diretti sopportati per acquisirlo) o dal costo di produzione, se tale prodotto è stato ottenuto mediante fonti interne all’impresa. Vale inoltre come limite superiore della valutazione di un cespite di azienda in bilancio. Questo metodo di valutazione, ampiamente utilizzato fino agli anni ’80 e tutt’ora utilizzato dalla maggior parte delle società che non hanno titoli quotati in mercati regolamentati e che in due esercizi consecutivi non hanno superato l’attivo di €400’000, il ricavo di €800’000 e la soglia dei 50 dipendenti di media (esclusione fatta per le banche soggette a vigilanza).

Fair Value

Tutte le altre società italiane sono obbligate a redigere il bilancio consolidato secondo i principi di redazione IAS/IFRS, al fine di offrire la possibilità agli investitori esteri di apportare capitali alle società nazionali, in un’ottica di standardizzazione della contabilità dell’Unione. Poiché il compito del bilancio in ottica internazionale è presentare la situazione in modo tale da consentire una corretta valutazione della redditività eventuale dell’impresa ovvero della possibilità che la stessa ha di ripagare un debito, per la valutazione di macchinari, titoli finanziari e altri parti del patrimonio aziendale viene imposto l’uso del criterio del fair value. Esso è definito come il prezzo ipotetico al quale l’impresa venderebbe una passività in una regolare transazione nella data in cui è effettuata la valutazione, in un mercato attivo. Corrisponde cioè al suo valore di mercato calcolato sulla base di elementi interni ed esterni all’impresa.

Differenze tra Costo Storico e Fair Value

Il costo storico è oggettivo e facilmente identificabile, poiché si riferisce a valori rilevati in passato, è coerente con il principio contabile della prudenza (preferito nella valutazione al principio della competenza) ed è, per tanto, molto facile da applicare.
Il fair value, invece, è un valore soggettivo, poiché determinato dalla valutazione di un perito, solitamente esterno all’impresa; è coerente con il principio della coerenza, in quanto permette di valutare la variazione di valore nel corso degli anni e corrisponde al valore effettivo dell’oggetto valutato. Tuttavia, l’applicazione del fair value come criterio di valutazione permette una migliore visualizzazione della performance economica dell’impresa, rende i risultati comparabili e aiuta le valutazioni del management, pur comportando maggiori costi amministrativi.